mercoledì 24 gennaio 2018

L'infinito silenzio

Giacomo Leopardi. “L’Infinito”. Il silenzio. Il suono del silenzio che alberga nel cuore, nella mente, nell’anima: parla, urla, impercettibilmente si fa sentire, si muove nella parte più profonda di noi stessi, si quieta, tace. La contemplazione della natura è ciò che maggiormente si avvicina a quell’idea utopistica del silenzio, inesistente, al giorno d’oggi, nella nostra società “urlata”. L’uomo traballa come la fiamma di una candela di fronte all’immensità, all’assenza di suoni; è necessario riempire quel vuoto che si viene a creare inevitabilmente in ognuno di noi con ogni mezzo a nostra disposizione, con parole, gesti, oggetti, fino a dimenticare l’interesse primario: allietare la vita placandone i misteri. Ma non si può finire l’infinito. E non è possibile far tacere il silenzio. L’umanità, oramai abituata alla perfezione delle macchine, alla grandiosità di opere architettoniche, all’immensurabilità delle città, vere giungle di asfalto, di cemento, di vetro, di alluminio, ha scordato il fascino delle piccole cose; eppure ad ogni istante si incontrano bellezze naturali che racchiudono in sé una vera, intima poesia. Ma più dell’apparente vastità fisica io penso che sia il subconscio affiorante che emoziona, rende particolarmente sensibili a problemi complessi che sottilmente turbano e confondono. Nel silenzio, che non fa mai lo stesso rumore, ci sono le soluzioni dei misteri che governano l’umanità senza che essa possa trovarne i bandoli, senza che essa riesca neppure a decifrarli lontanamente. Di fronte a questi misteri, che in momenti delicati, quasi sospesi tra realtà e sogno, si affacciano alla mente e, simile ad una marea insidiosa, la sommergono e la soffocano, l’uomo vacilla, perché la logica esplode, il ragionamento si annulla, la realtà si deforma.
Il poeta de “L’Infinito” ricerca il piacere della contemplazione della natura come unico conforto ma, inevitabilmente, investe la vita umana, lo spazio, il tempo, la morte. Leopardi immagina nel suo pensiero un paesaggio interiore senza confini (“interminati spazi”), silenzi di una solitudine sconosciuta all’uomo (“sovrumani silenzi”), una pace immensa (“profondissima quiete”), ove il cuore sembra quasi smarrirsi.
Nell’animo umano scaturiscono dubbi, domande, perplessità, che solo il silenzio può alleviare. Che cos’è l’amore? Da cosa scaturisce? Perché chi ama si sente pronto a qualsiasi sacrificio, e compiere una rinuncia in suo nome è esaltante e meraviglioso? Che cos’è l’amore che confonde le carte della vita, che sovverte lo scorrere normale dei sentimenti, perché mette il fuoco là dove c’è l’equilibrio e la calma, perché mette altruismo là dove c’è amore inconscio di se stessi ed egoismo? Che cos’è la morte, il mistero più grande, che riduce il corpo di un uomo, quel corpo così vitale, elastico, vivace, ad una massa orrenda di liquame? Che cos’è la morte? La partenza dell’anima, dell’entità misteriosa che governa i fili della nostra esistenza, che crede in qualche cosa di superiore, che fa distinguere il bene e il male e fa preferire il primo anche se il secondo potrebbe essere godimento del corpo, vendetta appagata, odio placato?
L’infinito che oltrepassa i limiti, che scardina gli orizzonti, che va oltre il pensiero, oltre il sentimento, grava sul capo dell’umanità come una lieve massa che talvolta, quando si è a tu per tu con il proprio “io”, può farsi pesantissima, mentre tutto il resto perde d’importanza e barcolla. “Il silenzio è un dono universale che pochi sanno apprezzare. Forse perché non può essere comprato. I ricchi comprano rumore. L’animo umano si diletta nel silenzio della natura, che si rivela solo a chi lo cerca.” (Charlie Chaplin).
Ciascuno di noi, attraverso il palpitare, l’intuizione, la fede dell’anima, può accostarsi con speranza e fiducia al mistero del silenzio, sicuri che, al momento della fine, riusciremo a capire tutto. E sarà così il principio!
Monica Crimeni, IV A

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