mercoledì 24 gennaio 2018

Il mercante di luce: la letteratura greca nella nostra vita

Nella letteratura greca è scritta la nostra vita di ogni giorno: gli alti e i bassi della quotidianità, le gioie e i turbamenti dell’animo umano sono stati scolpiti in versi di ineguagliabile bellezza. Ma la letteratura può essere una luce tanto forte da illuminare quella parte della strada della vita che rimane in ombra, quando il cammino è destinato a interrompersi troppo presto? Nel libro Il mercante di luce, di Roberto Vecchioni, è scritta la risposta a questa domanda. La narrazione prende avvio dalla necessità del protagonista, il professor Quondam, di lasciare un dono al proprio figlio, Marco, affetto da una malattia, la progeria, che causa l’invecchiamento precoce di chi ne soffre. Ma come, dove trovare una luce così potente da svergognare il buio? E improvvisamente capì che ce l’aveva dentro quella bellezza, e lui, Quondam, altra bellezza non poteva dargli se non la sua, quella per cui aveva vissuto, l’unica che gli tempestasse la memoria, l’estate e l’inverno che le creature lasciano alla loro poesia. E questa bellezza è nella letteratura greca. I poemi omerici, i canti dei lirici, le tragedie escono da ogni pagina di questo libro, accompagnano le vite dei personaggi che si muovono al suo interno, sovrapponendosi ad esse e dimostrando come la vita di ognuno di noi sia già stata cantata, molto più di due millenni fa, in Grecia. Perché quelle storie sono, in parte, anche le nostre; quei versi riescono ancora a commuovere e a suscitare emozioni profonde in chi li legge, come se il tempo non esercitasse alcun potere su di essi; perché tutto questo è stato scritto per noi: E per chi hanno scritto a fare centinaia di uomini in migliaia d’anni? Per le beghe, le faide, i tradimenti, le scaramucce, i duelli di un’ora, di un giorno?  L’hanno fatto per noi, per noi.
Il mercante di luce parla spesso di amore: quello di un padre verso il proprio figlio; l’amore per la vita, che coincide con quello per la letteratura greca; infine, quel sentimento che Marco non ha avuto il tempo di provare, ma che comprende e percepisce comunque, semplicemente leggendo Saffo. Le lezioni di vita hanno inizio dalla tragedia perché tutte le cose più grandi che l’uomo abbia mai scritto nei secoli nascono da lì (sembra quasi di sentire l’eco delle Memorie di Adriano: quasi tutto quel che gli uomini han detto di meglio è stato detto in greco). Ed è proprio nel protagonista di una tragedia che si rispecchia Quondam: egli è come Aiace, è circondato da personaggi portatori degli stessi nomi e delle stesse caratteristiche di quelli che attorniavano l’eroe greco. I sentimenti e i valori presenti nella letteratura ellenica sono i sentimenti e i valori di padre e figlio, emblemi, rispettivamente, dell’eroe tragico e dell’eroe lirico. La mia diversità dal mondo è un sigillo a fuoco. L’eroe tragico perde, perde sempre, afferma Quondam. E così, perde di fronte alla corruzione, all’ignoranza, all’ipocrisia di Ulisse Ruiz, lontano anni luce dagli ideali del protagonista, letteralmente innamorato di ciò che insegna, perché insegnare greco significa specchiarsi nell’universo. Ma questo non è sempre valido, non è vero per i troppi Ruiz che riempiono scuole e università a discapito dei Quondam, che, invece, costituiscono luci di speranza nella sopravvivenza dell’Istruzione e della Scuola (quelle scritte con l’iniziale maiuscola). L’eroe tragico perde, ma non sempre, non se viene salvato da un eroe lirico; non è solo il padre a lasciare una luce al figlio: in queste pagine avviene uno scambio di doni, è descritta una salvezza reciproca, che allontana la paura di vivere.
Nicoletta Anastasia Deni, IV  A

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