martedì 2 febbraio 2016

Il ratto di Persefone


Il viaggio della regina dell’Ade da Locri a Berlino, una dea trafugata e  un rinvenimento taciuto per 61 anni
In una delle sale del Friedrichmuseum di Berlino, una donna, dalla figura imponente, siede in trono. E’, però, una “donna in marmo pario” che, nonostante ciò, come scrisse Corrado Alvaro, “incute terrore e reverenza”, perché gli artisti del V secolo a. C. che la realizzarono, avevano intenzione di dare a quella donna il volto di una dea e, più precisamente, il volto di Persefone.
Una scultura bellissima, imponente, vestita di un peplo riccamente panneggiato, dai capelli finemente lavorati, come fossero boccoli reali, accanto alla quale osserviamo la scritta “Persefone da Taranto”. Ed effettivamente, si ebbero per la prima volta notizie della scultura nel momento in cui venne venduta a Taranto; da allora passò “di mano in mano”, attraversando l’Europa, dall’Italia alla Francia, alla Svizzera, fino a giungere nelle sale del museo berlinese, il 16 dicembre 1915, più di un secolo fa.
Ma i conti non tornano. E non potrebbe essere altrimenti, perché a Taranto non è mai stato attestato il culto di Persefone, e di certo la statua non poteva essere destinata a nient’altro se non ad un importante e imponente santuario in cui si officiasse il culto della regina dell’Ade. E il più noto Persephoneion  del mondo greco, quello che Diodoro Siculo definì “il più celebre dei santuari dell’Italia” si trovava a Locri Epizephiri, probabilmente in contrada Mannella, ma alcuni studiosi ipotizzano che non sia ancora stato rinvenuto. Ed è a Locri Epizephiri che ha inizio la storia della Persefone di marmo.
Siamo nel 1905, e nella vigna di proprietà di Vincenzo Scannapieco, viene casualmente rinvenuta “un’enorme statua”  che viene inizialmente nascosta in un frantoio per poi essere venduta, nel 1911 a un tedesco; la scultura viene quindi trasportata clandestinamente verso Gioiosa Marina e ivi imbarcata alla volta di Taranto, ma si verrà a conoscenza di tutto ciò soltanto nel 1966. Per 61 anni, l’uomo che materialmente aveva rinvenuto Persefone, che per primo dopo quasi due millenni aveva rivisto il suo volto, aveva taciuto, mantenendo il giuramento fatto a Scannapieco di non raccontare mai a nessuno del rinvenimento; e probabilmente non avrebbe mai parlato senza le insistenze di Gaudio Incorpora, e senza che il sacerdote Don Giuseppe Giovinazzo, lo avesse sciolto dal giuramento.
Eppure, non solo oggi la Calabria attende invano il ritorno di una dea trafugata, ma i tarantini iniziano a rivendicare la provenienza pugliese della statua.
E intanto, in quella sala del museo berlinese, troneggiano ancora le parole  da Taranto  e viene negato ai Locresi la paternità di quel culto (noto in tutta la Grecia e in tutta la Magna Grecia) a una dea destinata a essere rapita per due volte: prima nel mito, poi nella realtà.

Nicoletta Anastasia Deni

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