domenica 21 febbraio 2016

"Il bene si fa ma non si dice"

Il 18 Luglio 1914, alle porte della prima guerra mondiale, a Ponte a Ema, una frazione di Firenze, nacque Gino Bartali: un grande ciclista, una persona straordinaria, di saldi principi, un modello da seguire per tutti noi, un eroe per i circa ottocento ebrei che ha salvato dagli orrori dei campi di concentramento. Lo vediamo per la prima volta volare in sella ad una bici intorno agli anni trenta, durante la quinta edizione della Coppa Bologna, la terza prova del campionato dilettanti, che vinse. Professionista dal 1934 al 1954, vinse tre Giri d’Italia, nel 1936-1937-1946, e due Tour de France. Il primo nel 1938, anno in cui il regime fascista gli aveva chiesto di non partecipare al giro d’Italia per preparare questa importante gara francese. Ed il secondo nel 1948: Bartali fu l’unico tra i big a partecipare in quanto Coppi, non sentendosi pronto, aveva deciso di non gareggiare. Nessuno credeva in una sua vittoria, sia perché la sua squadra non era delle migliori, e soprattutto per la sua età. Aveva 34 anni, molti per chi decide di correre. Ma stupisce tutti arrivando primo al traguardo e dimostrando, nonostante tutto, di essere ancora il migliore. Si ricorda soprattutto la sua rimonta sulle Alpi, dove recuperò gli oltre venti minuti che lo superavano da Bobet. Secondo molti la sua vittoria aiutò a distogliere il mondo dall’attentato di cui era stato vittima Togliatti. Si racconta che Alcide de Gasperi e Andreotti incitarono il ciclista chiedendogli un’impresa epica in modo da poter riappacificare gli animi. Al suo rientro dalla Francia ricevette un invito dallo stesso De Gasperi che gli chiese cosa avrebbe voluto come regalo per la straordinaria vittoria, e lui rispose con una battuta: ”Vorrei non pagare più le tasse”. Era una persona a cui piaceva scherzare, un campione che non si lasciava scoraggiare dalle maldicenze sul suo conto, dalla fatica, dai dolori, ma era sempre pronto a superare ogni ostacolo sapendo di potercela fare. E questo cercò di insegnarlo anche al suo eterno rivale, Fausto Coppi: nel Giro d’Italia del 1940 Bartali subì un infortunio e la sua squadra punta su Coppi. Ma durante una salita il giovane ciclista, in preda ai dolori, decise di abbandonare quando Bartali, vedendolo, torna indietro, lo fece risalire sulla bici e gli disse: “Coppi sei un acquaiolo! Ricordatelo! Solo un acquaiolo!”, cioè soltanto un portatore d’acqua e non un campione che lotta fino alla fine. Ma Bartali era soprattutto un uomo umile, giusto e coraggioso. Il periodo in cui corse è infatti quello della seconda guerra mondiale. È sarà proprio a causa della guerra che le gare saranno interrotte per circa cinque anni, durante i quali lavora come riparatore di ruote di biciclette. Bartali, nel suo piccolo, decise di lottare contro la guerra. Durante il consueto discorso da vincitore, invece di ringraziare il Duce, come facevano tutti gli sportivi, ringraziava i suoi tifosi, e portava il bouquet del vincitore davanti alla statua della Madonna a Notre Dame. Un affronto per il Duce che, come ci racconta il figlio del campione, Andrea, fu comunque costretto ad invitarlo a Roma. Quando Bartali si presentò alla sede del Governo, il Duce si fece aspettare per oltre due ore e, dopo essersi complimentato con lui, gli donò una medaglia d’oro che, qualche tempo dopo, si rivela falsa e che viene perciò buttata dal campione nell’Arno. Andrea Bartali ci racconta anche che l’Arcivescovo di Firenze, che conosceva bene il padre, gli chiese di diventare il postino segreto di un’organizzazione clandestina in soccorso agli ebrei. Bartali avrebbe dovuto recarsi periodicamente ad Assisi nascondendo nella bici dei documenti che sarebbero diventati carte d’identità false e che avrebbero permesso agli ebrei di fuggire e salvarsi. Per questo Bartali insistette nel volere come percorso di allenamento quello tra Firenze e Assisi. Durante i periodici viaggi portava sempre una maglietta con su scritto “Gino Bartali” per poter essere subito riconosciuto. Ai posti di blocco scherzava con i soldati cercando di non far trasparire alcuna emozione, dicendo che non poteva fermarsi perché era troppo sudato o perché la gomma si stava sgonfiando e doveva correre dal meccanico. Così facendo salvò circa ottocento ebrei dalla sofferenza e morte sicura. 

Alla fine del suo racconto Andrea ci rivela come il padre voleva che ciò non si sapesse, perché per lui “Il bene si fa ma non si dice”. 
Nel Maggio 2005 l’allora Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, consegna alla moglie una medaglia d’oro al valor civile. 
Nel 2011 Bartali viene inserito tra i Giusti dell’Olocausto nel Giardino dei Giusti del Mondo di Padova. Mentre nel 2013 viene nominato “Giusto tra le Nazioni” dallo Yad Vashem, il memoriale ufficiale israeliano delle vittime dell’olocausto. 
Bisogna ricordare, oltre tutti coloro che sono morti nei campi di concentramento, anche coloro che hanno provato a cambiare le cose, persino a costo di rischiare la propria vita e tra loro anche questo campione dal naso triste come una salita e gli occhi allegri da italiano in gita, come canta Paolo Conte.
                                              Enrica Cosentino e Alessia Marvaso

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