domenica 21 febbraio 2016

La stampa 3D: una rivoluzione



Si deve attribuire l’invenzione della stampante 3D all’ingegnere statunitense Chuck Hull. L’idea dell’inventore era quella di realizzare oggetti con strati di plastica, incisi da un blocco iniziale e fissati da raggi UV. La stampante 3D rappresenta la naturale evoluzione della stampa 2D e premette di avere una riproduzione reale di un modello realizzato con un software di modellazione 3D. inoltre essa è considerata una evoluzione additiva mediante cui vengono creati oggetti tridimensionali da strati di materiale successivi, costituendo così una pietra miliare di una nuova era dell’industria.
Il lancio della stampante 3D agli inizi del XXI secolo ha fornito un’alternativa pratica ed economica alle macchine di modellazione industriale. Con le stesse dimensioni di una fotocopiatrice, queste stampanti possono creare facilmente e velocemente oggetti tridimensionali, specialmente modelli di vari formati, dai più semplici ai più complessi, anche a colori. Sono molto efficienti grazie alla possibilità di riciclare materiali di scarto.
Una stampante tridimensionale lavora prendendo un file 3D da un computer ed utilizzandolo per fare una serie di porzioni in sezioni trasversali. Ciascuna porzione è poi stampata una in cima all’altra per realizzare l’oggetto in 3D, la tecnologia trova anche uso nel settore della gioielleria, calzoleria, progettazione industriale, architettura aerospaziale e auto motiva, medico e dentistico.
Esistono diverse tecnologie per la stampante 3D e le loro differenze principali riguardano il mono in cui sono stampati gli strati. Alcuni metodi usano materiali che si fondono e si ammorbidiscono per produrre gli strati, mentre altri depongono materiali liquidi che sono fatti indurire con tecnologie diverse. Nel caso dei sistemi di laminazione, si hanno strati sottili che vengono tagliati secondo la forma e uniti insieme. Un altro metodo di stampa 3D consiste in un sistema di stampa ad estrusione di materiale. La stampante crea il modello uno strato alla volta, spargendo uno strato di polvere (gesso o resina) e stampando con il getto di inchiostro un legante nella sezione trasversale della parte. Il processo viene ripetuto finché non è stampato ogni strato.
La stampa 3D si è dimostrata sin dalla sua prima introduzione molto interessata al settore alimentare; tanto che negli stati uniti sono stati aperti alcuni ristoranti dimostrativi che preparano cibo solo mediante l’utilizzo di stampanti 3D. Questi cibi vanno dal cioccolato allo zucchero, dalla pizza ai biscotti, dalla pasta alle verdure.
Il settore è totalmente in fermento e nel 2014 anche la Barilla si è dimostrata intenzionata a sviluppare una stampante 3D in grado di stampare delle paste in formati personalizzabili per qualsiasi ristorante.
Nel settore medicale invece, la stampa 3D sembra un fiorire di nuovi progetti. Infatti solo pochi mesi fa ad Utrechc è stato effettuato il primo trapianto di cranio stampato in 3D ad un paziente. La calotta cranica è stata realizzata con una resina speciale tramite utilizzo di una stampante 3D. altri possibili utilizzi della stampante 3D applicata alla medicina sono quelli di supporto alle attuali tecniche chirurgiche.
In Brasile, alla cerimonia di apertura dei mondiali di calcio 2014, un giovane paraplegico ha potuto calciare un pallone grazie ad un esoscheletro controllato mentalmente. Il punti nevralgico dell’esoscheletro, il casco, è stato stampato in 3D.
Attualmente si stanno testando materiali stampati in 3D interamente indirizzati al settore edilizio-architettonico. Degni di nota sono gli esperimenti dell’italiano Enrico Dini e della sua azienda D-shape il quale è riuscito a stampare la pietra. Questo processo in evoluzione che si sta verificando nel nostro secolo è sicuramente positivo nei confronti dello sviluppo tecnologico, ma nello stesso tempo potrebbe causare un regresso nel mercato globale. Infatti, non tenendo conto dell’elevato costo dei macchinari, possedere una stampante 3D da privato, indicherebbe una alternativa all’acquisto dei beni artigianali e quindi l’introduzione di questo strumento comporterebbe una riduzione della manodopera, necessaria per lo sviluppo del settore secondario.

Martina Mannello, Lucrezia Raso, Chiara Scarfò, Simona Pia Surace

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