sabato 5 gennaio 2019

Recensione del film “Sulla mia pelle. Gli ultimi sette giorni di Stefano Cucchi”



 Le dita impresse contro il vetro che separa dall’obitorio, che distacca dall’amore familiare, che lascia indietro la vita per far spazio alla morte. Ma la morte di Stefano Cucchi è stata dettata da violenza ingiustificata proprio da parte di coloro nei quali i cittadini onesti ripongono la propria fiducia. Ho sentito il dolore, ho potuto ascoltare le urla soffocate, ho assistito all’ingiustizia di un sistema che insabbia, che infanga. Con la regia di Alessio Cremonini, “Sulla mia pelle” è il film che attraverso le immagini forti di luoghi desolati, freddi, claustrofobici perché sprangati da eventuali permessi non concessi e da assenza di umanità e morale, riescono bene a far trapelare i tormenti che affliggono chi vi è rinchiuso. Di particolare effetto emotivo è il momento in cui Stefano, interpretato splendidamente da Alessandro Borghi, viene condotto in caserma e si intuisce, senza bisogno di vedere, la gravità dell’atto commesso, che a seguito di varie vicissitudini in cui tutti si fingono ciechi di fronte all’evidenza, avrebbe portato alla morte prematura di un ragazzo pieno di vita. Lo scopo del film è quello di dar spolvero e luce a tali atteggiamenti che arrecano dolore a famiglie comuni che a causa del sistema, saturo di ingiustizie, spingono le mani contro quel vetro che si porta via l’amara verità.

Monica Crimeni, VA

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