domenica 28 febbraio 2016

Fin dove mi porta il vento

Mi dissero che è dove mi porta il vento che devo andare, sempre dove mi porta il vento.

Era difficile seguirlo anche se così leggero aveva successo nel distruggere i diavoletti che spuntavano sulle spalle.

Il vento conduceva a me, mi acciuffava in un angolo e mi stritolava, quasi come una sorta di mancanza che andava a rimpiazzare.

Sono una delle persone meno adatte per condividere dell’aria con le altre, con il sole che sbatte in fronte e gli occhi troppo piccoli per riuscire ad aprirli.

Così dal momento che la realtà mi concedeva solo gli angoli, azzardai nel vivere in un mondo parallelo.

Qui guardo mentre dormo, parlo con le labbra serrate, quasi come un ventriloquo che non si fa scoprire, sento solo quando passa il tram, respiro ogni volta che il mio cuore in quella frazione si arresta.

Vivo su foglie secche dove il colore riesce a mimetizzarsi con quello della mia ombra.

Non esiste la cognizione del tempo, non ci sono elenchi, suppliche o richieste, solo sfumature di colore, e a volte qualche ricordo mi balza davanti e fa cenno se può andar via.

Non condiziona Dio, il destino e la paura ma grandi girasoli che non si chiudono di notte e determinano la felicità in base alla loro prospettiva.

Qui non muore mai nulla, invece quel campo riusciva a sotterrarmi in media tre volte al giorno.

Siamo troppo complicati, impotenti e stracolmi di superstizioni per essere semplici umani.

Solo serrando gli occhi, capirete come la banalità nell’immaginazione prende vita. E la realtà? Beh, quella è tutta un’altra storia.

Ilaria Mezzatesta

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